I motori "pensano"?

» Motori - Inserito da Carotino il 10/02/2011, 15:04:55

Webbando qua e là, ho incontrato una gradevole e lucida analisi su uno dei temi più "caldi" di questo periodo: i motori scacchistici.

Attorno al computer scacchistico, vivono due generi di opinioni distinte e contrastanti: da una parte ci sono i “luddisti”, quelli che vedono nell’arrivo del computer la fine dell’intelligenza e la vittoria del meccanicismo negli scacchi. Generalmente i “luddisti” sono dei nostalgici e vorrebbero tornare all’ingenuità, persa con il computer.

Dall’altra parte ci sono i “trionfalisti”, quelli cioè che vedono nel computer la concretizzazione dell’intelligenza, la sua manifestazione “reale” o la sua espressione massima. In entrambe le posizioni l’intelligenza umana viene dopo quella del computer quando, in fin dei conti, il computer non è poi molto diverso da una ruota o da una trave: è uno strumento incapace di autodeterminarsi, un puro mezzo. Il fatto che Friz sia più efficiente, mediamente, di un giocatore umano non implica che sia “mentalmente superiore” ed esso non deve essere paragonato all’uomo ma ad un coltello. Infatti nessuno si rammarica che un coltello tagli la fetta di salame meglio di una mano priva di strumento. Eppure, vedere le cose secondo questo punto di vista, richiede uno sforzo psicologico superiore a quel che, generalmente, si sente il bisogno di fare.

Questa visione delle cose è generata dal grande successo che intuitivamente suscita in noi il Test di Turing: lo eseguiamo in automatico. Il Test è semplicemente questo: una macchina è intelligente se svolge un compito particolare in modo simile a come lo farebbe un uomo.

Secondo i teorici della pertinenza, concezione della pragmatica strutturata sugli attuali modelli scientifici, la mente umana ha in sé un modulo di psicologia ingenua. Un modulo è una procedura di calcolo che attinge a dati specifici, non accessibile alla coscienza del soggetto che può solo usufruire dei risultati ma non può mettere mano all’elaborazione dell’informazione. Ciò garantisce la rapidità e l’efficacia dell’esecuzione del compito ché, se avesse continuamente interferenze, produrrebbe dei risultati meno sicuri e dopo un ragguardevole spreco di tempo ed energie. La mente umana è una macchina economica, finita nei mezzi e nella dimensione. La conferma dell’esistenza di questi moduli è confermata sia dallo studio su traumi o disturbi delle capacità cognitive di pazienti lesionati a livello cerebrale o nati con disturbi come la sindrome di Down, l’autismo, sia da alcune evidenze sperimentali. E’ interessante osservare che i bambini autistici hanno mostrato incapacità nell’attribuire stati mentali agli altri, cosa che determina in loro l’impossibilità non solo di avere aspettative sul comportamento altrui, ma anche sul proprio. Questo significa che essi non sono in grado di attribuire agli altri credenze e per tale ragione la loro capacità di introspezione è profondamente limitata, nel senso ristretto di “possibilità di capirsi”.

Noi siamo dunque in grado di attribuire pensieri e credenze per la sola ragione che la nostra mente computa alcune informazioni in quel determinato modo. Se vedo una persona è per me irresistibile pensare che egli creda qualcosa. Tuttavia, noi non ci limitiamo a credere che altre persone pensino. Quando vediamo un film pensiamo agli stati mentali dei protagonisti dimenticandoci che essi non li possono affatto avere, giacché non ci sono personaggi ma, al massimo, attori di fronte a noi. Nel cinema c’è solo finzione eppure ci è irresistibile non crederlo. Quando poi vediamo dei disegni animati di animali parlanti, come volpi o lupi, facciamo la stessa cosa. Allo stesso modo ci è impossibile non attribuire pensieri al nostro cane, pensieri come “Hugo sa che domani piove. I cani lo sentono”. Lo sentono, forse, ma non possono crederlo. Credere implica pensare per frasi e i cani non rientrano nel dominio della Grammatica Universale o generativa. Come si vede, noi crediamo che altre cose pensino, anche quando non lo possono fare, e tali pensieri sorgono in noi di continuo.

L’attribuzione di credenze a entità non umane è compiuta per la sola ragione che ciò che distinguiamo nell’ambiente come “un comportamento simile al nostro”, cioè analogo a quello che noi attribuiamo a noi stessi e agli altri, stentiamo a distinguerlo dal nostro e ne associamo le stesse presunte cause. Questo vale anche per eventi fisici che non hanno nulla a che fare con menti, scacchi e computer: quando diciamo che “il sole sorge” non vogliamo certamente dire che il sole vuole farlo o che sia in qualche modo un soggetto come lo è un uomo quando si alza dal letto! Dal nostro meccanismo mentale è determinata la natura stessa dei nostri pregiudizi.

L’uomo produce continuamente delle idee di causalità tra eventi diversi e sconnessi per genere: è sufficiente percepire due fatti distinti ma simili in una successione temporale per creare un’idea di causalità.

Si può fare anche di peggio. Si può dare valore intenzionale ad azioni o eventi che non hanno nulla a che fare con un soggetto intenzionale (cioè che ha dei pensieri rivolti al mondo). Così per secoli è stata dominante l’idea di un progetto finale e intelligente, sia in campo naturale che in campo sociale. Le bestemmie, ad esempio, sono state avversate da sempre non perché del tutto prive di buon gusto (ragione estetica) ma perché cause di mali (evento fisico). Alla bestemmia si associava l’evento negativo inspiegabile ed ecco che irresistibilmente tutti credevano in tale correlazione. Più attuale è l’esempio delle onde elettromagnetiche che, secondo dati scientifici più solidi (anche se pochi, per la verità) non causano direttamente malattie incurabili. Il problema delle malattie “incurabili” è che si sente la necessità di trovargli una spiegazione, di qualunque genere e questo genera, assai spesso, le invenzioni causali più disparate. Allo stesso modo, possiamo pensare ai riti e ai miti che continuamente costruiamo e a quelli passati.

Se tante volte costruiamo teorie insensate per eventi chiaramente sconnessi, figuriamoci le conseguenze di pregiudizi ragionevoli (non razionali): quando giochiamo a scacchi contro un computer ci è automatico attribuirgli credenze, stati mentali, emozioni e bisogni quando il computer non è altro che una calcolatrice e, al pari di questa, si limita ad esibire risultati senza avere accesso diretto e introspettivo a quegli stessi. Se la conoscenza è “credenza vera giustificata”, il computer non “sa” perché non può credere, può essere al limite giustificato. Friz, a differenza nostra, non ha un’idea di ciò che egli stesso è, perciò egli non ha pregiudizi né può costruirsene.

Fonte: http://soloscacchi.altervista.org
Autore: Giangiuseppe Pili
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Commenti

  1. Utente: harmon

    10/02/2011, 15:25:09

    Allora non sono solo i romanzi a parlare dell´inquetudine psicologica degli scacchisti di fronte al loro doppio...
  2. Utente: Carotino

    10/02/2011, 15:57:44

    No davvero, però penso che sia restrittivo parlare di questo solo per gli scacchi. Questo atteggiamento psicologico lo si può trovare in qualsiasi attività umana e allora dovremmo catalogare come psicolabili quasi tutti gli uomini. Credo che la cosa da evitare sia l'assolutizzazione delle proprie attività che vengono altrimenti ricoperte da un'aura di "nobiltà" ed importanza, di maggior valore rispetto alle altre, mentre in realtà è solo una difesa del proprio ruolo (inteso come psicologico) e dei propri ideali (intesi come assolutizzazione del ruolo stesso). Tutti noi "recitiamo una parte" nella vita, spesso non corrispondente alle nostre reali inclinazioni, e il nostro ego ci spinge a distinguerci, a farci credere "speciali", diversi, migliori in un certo qual modo, rispetto agli altri uomini. Questo ci porta a credere che le nostre attività e i nostri interessi siano migliori e più importanti di quelli degli altri uomini... Ma qui si apre un universo molto vasto e che esce dai confini di un forum scacchistico!
  3. Utente: Francy

    10/02/2011, 18:19:48

    I "motori pensano" una prima vaga risposta .. e poi si sconfina per campi infiniti.
    Lo sappiamo bene. I motori non pensano, non solo, ma non c'è nessun software che installato nella macchina possa farci minimamente affermare che i computer pensano. I computer elaborano i dati in maniera seriale, i software neurali elaborano i dati in maniera seriale anche se li computano per iterazioni successive tale da avere un modello in cui ad esempio con programmi appropriati sono in grado di riconoscere un viso anche con la barba di tre giorni.
    Un traduttore automaatico fa delle traduzioni indicibili..
    Il computer non è in grado di capire non solo il significato di una frase ma neanche di una sola parola. potrei continuare con altri esempi.
    Sino a quando avremo macchine che elaborano dati in maniera seriale esse non saranno in grado di contestualizzare informazioni di complessità minima.
    In questo non c'è nessuna rivincita consolatoria per il semplce fatto che non ci sono macchine che pensano.
    Per i motori scacchistici la cosa viene fuori perchè il gioco degli scacchi essendo un gioco ad informazione completa e per la sua struttura meglio si adatta alla computabilità seriale del computer. Ma col passare del tempo (con o senza forza bruta del calcolo) hanno dovuto fare i conti con l'enormità di mosse possibili. Ma su questo le varie discussioni del forum hanno messo ben in luce sull'utilità dei chess engine e sui loro limiti ecc.
  4. Utente: A Desalambrar

    13/02/2011, 14:34:50

    @carotino: se ti do una posizione qualsiasi, tu mi puoi dire chi sta meglio o chi sta peggio (vabbè proprio te no però si fa per dire), ma il computere per farlo deve analizzare milioni di posizioni... i computer arrivano alla soluzione per vie diverse dalle nostre; per fortuna, le nostre vie sono le migliori ;D


    PS: Chiedo scusa a tutti per le partite che ho lasciato, ma ho avuto la febbre.
  5. Utente: kikio81

    31/10/2011, 12:02:51

    mi pare che si stia tralasciando un fattore determinante... ogni chess engine, esistente è stato progettato da un uomo (o da un team) e quest' uomo ha fatto si che una calcolatrice possa riuscire battere i più forti giocatori al mondo. un bel truibuto alle loro menti direi :)
  6. Utente: kikio81

    31/10/2011, 12:06:37

    mi pare che si stia tralasciando un fattore determinante... ogni chess engine, esistente è stato progettato da un uomo (o da un team) e quest' uomo ha fatto si che una calcolatrice possa riuscire battere i più forti giocatori al mondo. un bel truibuto alle loro menti direi :)
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